:Walter_Wendy_Carlos: Appunti sonori per tras-formare è uno spettacolo teatrale del 2017 diretto da Francesca Talozzi, con scenografie virtuali, luci e riprese video di Martino Chiti, Nicola Buttari e Michele Fiaschi, traduzioni dall’inglese di Silvia Rosa, interpretato da Valerio Chellini, Laura Rossi e Claudia Pavoletti.

L’allestimento è mutevole, si adatta allo spazio scenico e allo stesso tempo adatta lo spazio scenico alle proprie intenzioni: quella recensita è la performance tenutasi a Pisa al Teatro Rossi Aperto (TRA) il 1 giugno 2017.

Lo spettatore viene accompagnato nel suo ingresso in una platea buia, nella quale tende a perdere i propri riferimenti spazio-temporali. I palchetti laterali, il palco e il soffitto sono attraversati da raggi e punti luminosi: non è un cielo romantico, una trapunta di stelle, alcune cadenti; il naturale si è tradotto in artificiale, gli elementi vengono scomposti e risemantizzati, costruiti.

Sulla scena, Walter e Wendy si esplorano, prendono coscienza del dualismo e dei confini – labili – fra maschio e femmina. La storia raccontata è quella di Walter/Wendy Carlos, artista sperimentale, musicista esperta in elettronica con sintetizzatore moog e performer. Nel 1972 Walter diventa Wendy e questo complesso percorso viene descritto con una razionalità lucida capace di non tralasciare le emozioni in un’intervista-fiume pubblicata da Playboy nel 1979. Lo spettatore assiste al fluire dell’identità, cullato dalla musica: una performance di corpi in continuo divenire, che trova il proprio corrispettivo in Calypso, primo esperimento di Interactive Photomapping, serie fotografica che gioca la fisicità dell’immagine attraverso azioni performative e incastri precari composti digitalmente. Ciò che viene ricercato attraverso canali artistici e sensoriali diversi è un nuovo spazio-tempo da abitare e da arredare, dove sia possibile valorizzare ogni identità, creare ponti e contatti fertili capaci di veicolare crescita individuale e collettiva.

E, infine, il pubblico diventa protagonista e la platea si trasforma in palco, attraverso la creazione di una “coreografia sociale”. Si risponde con il corpo alle domande rivolte, prendendo posizione, misurando i confini, valutando il posizionamento degli altri. Il risultato è una composizione che non ricerca una dimensione estetica, ma il costruirsi di una direzione che porta dentro di sé i principi personali e la relazione con l’altro da sé. Si delinea una ricerca spaziale che ha un chiaro significato politico ed è in continua metamorfosi – vale solo nel qui ed ora, e forse in un attimo talmente piccolo che è impossibile da intercettare.

Lo spettacolo è suggestivo, ben costruito e interpretato – si sottolinea, soprattutto, la performance di Laura Rossi, impeccabile – e lascia il segno, inducendo alla riflessione sul gender e sul significato politico dei corpi. Purtroppo il TRA non si è rivelato il luogo ideale: lo spazio ristretto non ha consentito alla “coreografia sociale” di prendere liberamente forma e di comporre uno schema, per quanto mutevole, e quindi, al chiudersi dell’esperienza, è rimasta la sensazione di non avere compreso fino in fondo la complessità del reale.

Massimiliano Bertelli

fonte immagine: The Vision