The Pride è uno spettacolo teatrale di Alexi Kaye Campbell, tradotto da Monica Capuani e diretto da Luca Zingaretti.

Sul palcoscenico si alternano due storie, entrambe interpretate dagli stessi attori e ambientate a Londra: la prima inizia in una fredda serata del 1958 e narra l’incontro tra Oliver, scrittore per ragazzi, e Philip, agente immobiliare e marito di Sylvia, illustratrice dell’ultimo libro di Oliver, e la tormentata passione che li unirà; la seconda ci riporta nel 2016 e mostra i tormenti di Oliver, giornalista, responsabile della fine della relazione con Philip, fotoreporter, e i tentativi dell’amica Sylvia di svelare i motivi della rottura e cercare una possibilità di riavvicinamento.

Mentre l’incastro è ben costruito e le scene si susseguono fluide e impreziosite da dialoghi intelligenti e serrati, lo stesso non si può dire per il livello di recitazione dei personaggi – pessimo, e di conseguenza poco coinvolgente in quanto non si attenua mai la certezza della finzione – e nemmeno per la gestione dei contenuti.

The Pride mette in scena una storia che sembra creata da eterosessuali che pretendono di parlare di omosessualità ad altri eterosessuali senza avere mai conosciuto un omosessuale: la narrazione è asettica e una patina di moralismo avvolge l’atmosfera.

Si condannano, infatti, le relazioni che durano il tempo di uno scambio fisico, si esalta la coppia e si mettono in luce le mancanze di una vita senza amore; si dice, inoltre, che la strada dell’amore non viene seguita perché “vorrei una vita più facile”, come afferma in una frase chiave il Philip del 1958 in procinto di intraprendere una terapia riparativa.

E allora “the pride” sarebbe il coraggio di vivere fino in fondo i propri sentimenti, di ricercare l’amore, e di mostrare quanto questo amore diverso sia in realtà uguale a quello eterosessuale e come anche i desideri siano gli stessi.

Ma che fine fa, se questo è giusto, la possibilità dell’individuo di autodeterminarsi e di scegliere per sé una vita che potrebbe includere modalità di relazioni diverse, non necessariamente allineate e appiattite sul modello comune?

Che fine fanno le frange anarchiche e queer del movimento LGBT, che rivendicano un corpo in continuo divenire e una sessualità fluida?

The Pride è la storia di un’occasione mancata. Una nuova rappresentazione macchiettistica dell’omosessualità della quale non si sentiva assolutamente la mancanza.

 

 

Massimiliano Bertelli