The Danish Girl è un film del 2015 diretto da Tom Hopper, uscito nelle sale cinematografiche italiane il 18 febbraio 2016, adattamento del romanzo The Danish Girl scritto nel 2000 da David Ebershoff, liberamente ispirato alle vite delle pittrici danesi Lili Elbe e Gerda Wegener.

Il film ha come protagonista Lili Elbe, interpretata magistralmente dall’attore Eddie Redmayne, una delle prime persone a essere identificata come transessuale e la prima a essersi sottoposta a un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale.

Il film si apre con il ritratto della vita quotidiana di Einar Wegener, pittore paesaggista della Danimarca dei primi anni del ‘900. Un giorno Gerda, sua moglie, anche lei pittrice, chiede a Einar di posare per lei al posto di una modella donna, la ballerina Ulla, impegnata nelle prove di uno spettacolo; quasi per gioco, quindi, l’uomo assume per la prima volta l’identità di Lili Elbe.

Con il trascorrere del tempo e dopo altre occasioni di travestimento, però, Einar si accorge che Lili pretende sempre più spazio nella propria vita, fino ad ammettere che è Lili a costituire il proprio vero sé. Aiutato e supportato, pur con molte esitazioni, da Gerda, che riesce a trasformare il proprio sentimento e a conservare il proprio amore, Einar non si abbandona alla psichiatria del proprio tempo, che vorrebbe internarlo dichiarandolo schizofrenico, ma si affida alla chirurgia sperimentale, consapevole che quella a cui intende sottoporsi è un’operazione mai tentata prima, che potrebbe condurlo alla morte.

 

A una prima parte, caratterizzata da leggerezza, giochi di seduzione e volontà di slegarsi dalla stretta gabbia di un’identità di genere che si pretende collegata al sesso biologico, segue una seconda parte nella quale si lascia spazio alla drammaticità della riassegnazione sessuale, al tentativo quindi di rientrare, assumendo su di sé una polarità opposta rispetto a quella di partenza, nelle maglie di una presunta normalità.

 

E, purtroppo, leggendo notizie biografiche su Lili Elbe, lo spettatore scopre che il film racconta solo una parte delle sofferenze reali. La volontà di autodeterminarsi, di essere finalmente se stessi, però, non può fermarsi neppure di fronte a questo, e allora il film può essere interpretato come un invito a lottare fino alla fine per raggiungere la felicità. Il regista Tom Hopper tocca con eleganza un tema scottante, con inquadrature che si trasformano in dipinti e dialoghi sussurrati capaci di lacerare la carne e i corpi con la loro carica eversiva.

 

Massimiliano Bertelli