Solitamente quando vogliamo fare una registrazione anagrafica, ci chiedono di specificare il nostro sesso (che dipende dalle caratteristiche sessuali primarie e secondarie, rispettivamente i genitali e la/il barba/seno) o in alcuni casi il genere (che è legato all’identità o al ruolo di genere, cioè in base a come ci sentiamo e mostriamo di essere).

Fino a poco tempo fa avevamo due possibilità:

– maschio/femmina (sesso biologico),

– uomo/donna (identità di genere);

invece ultimamente durante la registrazione nelle applicazioni non è difficile trovare tre opzioni:

– maschio, femmina, altro

– uomo, donna, non binario

Come mai queste “nuove” opzioni, cosa indicano?

La suddivisione in categorie è molto importante per l’essere umano, in quanto ci servono per ottenere nel minor tempo possibile delle informazioni base per avere una rappresentazione mentale di ciò che ci circonda. “La rappresentazione mentale delle categorie rende possibile trattare l’onnipresente variabilità dell’esperienza e ci rende capaci di trattare le istanze della stessa categoria nello stesso modo per scopi determinati.[1] Ad esempio, se mentre camminiamo e nel marciapiede verso la nostra direzione vediamo una colomba o un cane randagio la nostra rappresentazione mentale cambia, il piccione probabilmente volerà prima del nostro arrivo, il cane in quanto potrebbe essere potenzialmente pericoloso, cercheremo altre informazioni come la vicinanza di cibo, l’atteggiamento del cane etc..

Il sesso biologico viene definito tramite:

– sesso cromosomico (solitamente xx o xy)

– sesso gonadico (presenza di testicoli e/o ovaie)

– sesso fenotipico (in base alle caratteristiche sessuali secondarie)

che nella maggior parte dei casi sono congruenti tra loro, ma non sempre, per cui la medicina ha potuto distinguere e categorizzare diverse varianti di ermafroditismo (come all’interno della categoria degli autoveicoli, possiamo riconoscere sub-categorie come automobili, autotreni, motocicli, etc..). In questi casi solitamente si tendeva ad intervenire già durante l’infanzia, il medico basandosi sulle statistiche di casi precedenti decideva quale sesso assegnare al paziente. Poiché ci si basava su statistiche, non sempre nel lungo termine quelle scelte risultavano positive, in quanto l’identità di genere si inizia a sviluppare già durante la gestazione. Ultimamente si opta per intervenire dopo che si sia ben definita l’identità di genere del soggetto, sempre se richiede un intervento medico/chirurgico.

Per quanto riguarda il genere, sin da piccoli siamo stati abituati che ci sono cose da femmine e cose da maschi da alcuni giochi venivamo attratti o respinti naturalmente, per altri siamo avvicinati da amici e parenti, anche in base al sesso (quando si compra un regalo di solito se viene chiesto un consiglio al commerciante oltre a chiedere l’età spesso viene chiesto pure il sesso). Secondo gli studi di Richards & Barker (2014) «ci sono spesso maggiori differenze tra persone dello stesso sesso in culture diverse che di quelle tra persone di generi diversi nella stessa cultura»ipotizzando che se non ci fosse una pressione culturale la distribuzione di genere si comporterebbe come una normale curva gaussiana in cui la maggior parte delle persone adotterebbe per lo più caratteristiche comuni ad entrambi i generi.

Una esemplificazione di ciò si può notare dal fatto che diminuita la pressione culturale/legale molte donne assumono ruoli e mansioni prima destinati solo ad uomini, e viceversa. Anche nella vita quotidiana i ruoli non sono più nettamente distinti come un tempo: l’uomo che procura il sostentamento della famiglia e la donna che si occupa della gestione della casa e dell’educazione dei figli; anzi possiamo notare come ogni famiglia raggiunga un equilibrio diverso. È sempre più evidente come anche i padri si prendano cura dell’affettività e dell’educazione dei figli, dall’andare a giocare, fare un giro in bici o anche alla cura dell’alimentazione, dell’igiene personale fino ad assumere il ruolo di confidente; come le donne possano anche scegliere una carriera professionale fuori dalle mura domestiche, dal part-time fino ad assumere un ruolo professionale che possa sostenere le spese familiari, quindi potremmo anche dire che la maggior parte siano famiglie non-binarie cioè in cui non si assumono ruoli separati e paralleli. Ciò è possibile proprio perché non tutti i maschi e non tutte le femmine sono uguali tra loro. Le persone che si definiscono non-binarie o Gender Variant sono coloro che rifiutando di aderire ad uno stereotipo culturale, per non rinunciare a parti di sé, esprimono le loro parti femminili e maschili, anche perché non avvertono un’appartenenza ad uno solo dei due generi (uomo/donna) ma fanno parte di entrambi.

In sintesi ciò che c’è di nuovo non sono le categorie, ma la possibilità di esprimerle.

[1]Stemberg R. J., Smith E. E., La psicologia del pensiero umano. Armando Editore, 2000 Roma

Riccardo Bazzano