I ragazzi con disforia di genere riferiscono di essersi sentiti intrappolati in un corpo “sbagliato” fin dall’infanzia

e, secondo il DSM V, mostrano una marcata incongruenza tra il genere assegnato alla nascita e il genere esperito/espresso. Questa discordanza è la componente principale della diagnosi; inoltre deve esserci evidenza di una sofferenza legata a questa discrepanza.
Il genere esperito può comprendere identità di genere alternative che vanno al di là degli stereotipi binari e, di conseguenza, la sofferenza non si limita al desiderio di appartenere semplicemente al genere opposto ma può comprendere il desiderio di appartenere a un genere alternativo. Tipicamente gli adolescenti con tale problematica vivono con angoscia lo sviluppo dei loro caratteri secondari: per i ragazzi con sesso biologico maschile il cambiamento del tono della voce, la comparsa di barba e peli e l’accentuarsi del pomo d’Adamo; per le ragazze con sesso biologico femminile risulta traumatico lo sviluppo del seno e la comparsa del ciclo mestruale.

L’adolescenza, con i mutamenti fisici ed emotivi che la caratterizzano, può essere quindi un momento particolarmente critico per l’adolescente con disforia di genere che può andare facilmente incontro a depressione, fobia sociale, anoressia nervosa e comportamenti suicidari.
Questi giovani necessitano pertanto di una grande attenzione e di un’assistenza specifica e qualificata, poiché sono a rischio di sviluppare comportamenti molto dannosi per la loro salute e di essere oggetto di atti di violenza e bullismo; oltre a ciò percepiscono spesso la scuola come un luogo in cui la loro integrità fisica e psichica è a rischio.

Quando un/a ragazzo/a con disforia di genere e la sua famiglia decidono di chiedere aiuto, l’obiettivo principale per lo psicoterapeuta che accoglie tale richiesta è quello di condurli all’accettazione e alla validazione di questa condizione.
Il percorso prevede che il/la ragazzo/a gradualmente provi a vivere come un individuo del sesso percepito, una sorta di “prova” (Real life test) che permette al/la ragazzo/a di sperimentare le conseguenze emozionali, affettive e sociali che potrebbe avere il cambiamento definitivo del sesso.
La durata di questa fase dovrebbe essere di almeno due anni. Fondamentale è il coinvolgimento dei genitori, che vengono sostenuti in questo processo di cambiamento che il/la figlio/a affronta.
Lo psicoterapeuta li riceve in colloquio almeno una volta all’inizio del percorso, insieme al figlio, dando la propria disponibilità a rispondere a qualsiasi domanda che il genitore ha da porre. Spesso questi genitori arrivano spaventati e confusi e hanno bisogno di chiarezza e rassicurazione.

Nel caso in cui si verifichino casi di bullismo o problematiche con i compagni di scuola o con gli insegnanti, lo psicoterapeuta si mette in contatto con questi ultimi per effettuare con loro un colloquio. Gli interventi nelle scuole possono essere di grande aiuto non solo per il ragazzo con disforia di genere, ma anche per i suoi compagni, poiché in tal modo si dà loro la possibilità di comprendere meglio che cos’è la disforia di genere e il disagio psicofisico che comporta.

Una grande risorsa, sia per i genitori sia per gli utenti sono i gruppi di Mutuo Auto Aiuto (gruppo di Mutuo-Auto-Aiuto per i familiari dei soggetti con disforia di genere e gruppo di Mutuo-Auto-Aiuto per gli individui con disforia di genere), poiché il confronto e la condivisione con altre persone che vivono la stessa esperienza permette sia ai ragazzi sia ai loro familiari di non sentirsi soli.
Questo tipo di intervento favorisce la socializzazione, dà la possibilità di confrontarsi anche su aspetti pratici (controlli medici da effettuare, informazioni rispetto alle cure estetiche a cui sottoporsi e aspetti legali) e stimola l’espressione delle emozioni (rabbia, dolore, paura, delusione, ma anche gioia e soddisfazione nel momento in cui si raggiungono risultati soddisfacenti in tutti gli ambiti di vita).

Lo scopo del lavoro terapeutico non è quello di cambiare la persona per conformarsi a ciò che a livello culturale e sociale viene considerato “adeguato”, ricorrendo in modo immediato alla prescrizione di una terapia ormonale e indirizzando il percorso alla Riattribuzione Chirurgica del Sesso, ma di restare al loro fianco offrendo la possibilità di divenire consapevoli di sé ed esprimere a pieno la propria identità.

In questo modo la scelta che ne conseguirà sarà ben ponderata e si ridurranno notevolmente i possibili rischi futuri legati all’eventuale insoddisfazione per i cambiamenti fisici effettuati.

Micaela Lubrani