La psicoterapia consiste in una serie di incontri della durata di quasi un’ora, generalmente a cadenza settimanale, con un professionista preparato ad accompagnare la persona nella comprensione e nel superamento di difficoltà relazionali, blocchi emotivi, comportamenti auto o etero distruttivi; nel prendersi cura di “ferite” psicologiche prodotte da esperienze dolorose affrontate nel corso della vita o nella remissione di sintomi come ad esempio la tristezza cronica e l’ansia. In altre parole la psicoterapia è un viaggio, una libera esplorazione all’interno di sé finalizzata alla cura e al cambiamento. In un primo colloquio cliente e psicoterapeuta si incontrano e iniziano a conoscersi. Un ambiente accogliente e rispettoso incoraggia la persona ad aprirsi e a rivelare se stessa.

In che modo un percorso simile può essere utile a persone lesbiche, gay, bisessuali, trans?  Nella psicoterapia l’individuo può trovare uno spazio di esplorazione dove guardarsi con due occhi e una mente libera da stigmi e tabù, dove sia possibile condividere le proprie difficoltà e i propri sentimenti; un’occasione particolarmente utile per chi proviene da un ambiente familiare e/o sociale intriso di pregiudizi e fautore di discriminazioni, che inibisce un pensiero aperto circa il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere. Ricordiamo che al di là di un atteggiamento apertamente ostile, altrettanto negativo per il benessere della persona è l’atteggiamento omertoso (e dunque sempre ostile) tipico di certi ambienti culturali nei quali si “accetta” l’omosessuale o il transgender per generosità o meglio ancora per bontà di chi ne fa parte ma meglio se “il diverso” in questione rimane in silenzio, della serie: “va bene purché non se ne parli”. Un atteggiamento che conosce bene chi, a seguito di un coming out, ottiene dall’interlocutore non un rifiuto e nemmeno una serena accettazione, piuttosto una vera e propria negazione dell’informazione che da quel momento viene dimenticata!
Le persone LGBTQI che appartengono a tali ambienti vengono danneggiate profondamente dal punto di vista psicologico e il conflitto esperito all’interno di sé può diventare insopportabile. Alcune persone sono così provate da esperienze simili da negare se stesse scegliendo un partner dell’altro sesso pur di sentirsi accettate, altri inibiscono così tanto la naturale spinta ad amare da arroccarsi in se stessi e rifiutare qualunque scambio di intimità con chicchessia. E questa non è purtroppo storia di altri tempi ma è tragica storia anche del nostro oggi.

Un percorso di psicoterapia è indicato per tutti coloro che vivono una condizione di disagio psicologico dovuto allo stress continuativo del sentire ogni volta messa in discussione la propria dignità personale a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, una condizione che lo psicoanalista Vittorio Lingiardi definisce minority stress. E che può portare alla formazione dei sintomi di cui ho parlato sopra. Se nella mia famiglia di origine atteggiamenti omofobi sono diffusi e persistenti, sarà probabile che io sia preda di un attacco di ansia o un attacco di panico nel momento in cui provo attrazione per una persona del mio sesso. Ancora, se sento di appartenere a un genere diverso da quello che mi è stato assegnato alla nascita e a scuola sono vittima di bullismo, sarà probabile che mi ritiri, sentendomi pervaso da tristezza e dolore.

La psicoterapia può essere, inoltre, un percorso utile da intraprendere per quelle persone che hanno difficoltà o sono proprio contrarie a collocarsi in una specifica categoria in relazione al proprio orientamento sessuale o alla propria identità di genere. Un percorso di questo tipo può rappresentare uno spazio di esplorazione libera rispetto ai propri desideri e alle proprie aspirazioni emotive personali. Un dialogo nel qui e ora dove la persona si dà sempre più permessi di scegliere chi vuole essere e quale immagine di sé dare al mondo.

Purtroppo in passato la medicina di errori ne ha fatti tanti e la psicologia, con il suo complesso di inferiorità rispetto alle discipline scientifiche, gli è andata drammaticamente dietro. Le persone non eterosessuali sono state danneggiate dallo stigma sociale perpetrato nei loro riguardi fino agli anni 80’ del 1900, provocando altra inutile sofferenza. Oggi, in qualità di professionisti della salute mentale, dedichiamo attenzione, studio e impegno a servizio della diffusione di una cultura delle differenze in cui la persona lesbica, gay, trans, queer e intersessuale veda tutelato il diritto alla salute e alla piena realizzazione di sé.

Francesca Vignozzi