Carol è un film del 2015, uscito nelle sale cinematografiche italiane il 5 gennaio 2016, diretto da Todd Haynes e prodotto da una sceneggiatura di Phyllis Nagy basata sul romanzo The price of salt (conosciuto anche come Carol) della scrittrice americana Patricia Highsmith.

Il film è interpretato da un cast affiatato, all’interno del quale spiccano le presenze di Cate Blanchett, con il ruolo di Carol, e di Rooney Mara, con il ruolo di Therese.

Ambientato nella New York del 1952, il film ripercorre la storia di una giovane aspirante fotografa, Therese Belivet, che per mantenersi lavora come commessa in un grande magazzino, e di Carol Aird, affascinante signora dell’alta borghesia alle prese con un difficile divorzio, che lotta per mantenere il proprio ruolo genitoriale nei confronti della figlia, che il marito tenta di sottrarle accusandola di immoralità.

Negli Stati Uniti della Guerra Fredda, che consideravano l’omosessualità come un disturbo sociopatico della personalità, Carol e Therese sfidano i giudizi morali e tentano di sottrarsi al destino che la società vorrebbe imporre loro, in un viaggio alla ricerca della libertà e della possibilità di vivere pienamente l’amore che le lega.

La vicenda sentimentale è svolta dal lungo flashback di Therese e si trasforma in un omaggio colto e sentito al cinema drammatico del passato, costruito attraverso gli sguardi e gli ambienti. La restituzione del soffocato tormento avviene attraverso il volto di Cate Blanchett, la cui pelle diafana si configura come specchio attraverso il quale lo spettatore potrà seguire le tracce del desiderio intenso di Carol per Therese. Uno sguardo glaciale, blu, e allo stesso tempo seducente, un monito che, una volta incontrato e incrociato, costringe ad abbassare gli occhi o a resistere, ed esistere. Creatura acerba e pura, Rooney Mara restituisce con grazia una fisionomia dove ogni aspetto è tenuto sotto controllo, l’utilizzo di un’espressività minima avviene unicamente con l’intento di nascondersi e restare allineate, almeno in superficie.

 

Sotto lo sguardo ferino e seducente di Cate Blanchett e quello sensibile di Rooney Mara, la trama procede con cautela, come un ballo lento, a poco a poco si affina e ogni personaggio si rivela per quello che realmente è. Preda di una devastante solitudine.

Non a caso la scenografia ricreata ha come costante riferimento le opere pittoriche di Edward Hopper, l’artista che nei propri dipinti ha dato voce, costruendo una sorta di ossimoro, alla solitudine caratteristica della vita americana contemporanea. La pittura di Hopper predilige architetture, strade di città, interni di case e di locali, le cui rappresentazioni hanno colori brillanti ma non trasmettono vivacità, gli spazi sono reali ma contengono una componente di metafisico che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine. Sofisticato è il gioco delle luci fredde, taglienti e volutamente artificiali, che illuminano figure immerse nel silenzio: raramente vi è più di una figura umana, e quando accade sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti. La direzione dei loro sguardi o i loro atteggiamenti spesso escono dal confine del quadro, nel senso che si rivolgono a qualcosa che lo spettatore non vede.

Particolare importanza è attribuita alle figure femminili, cariche di significato simbolico, assorte nei loro pensieri, con lo sguardo perduto nel vuoto, che trasmettono solitudine e attesa. Attesa di un orizzonte diverso, libero, come quello sognato e ricercato da Therese e Carol.

 

Massimiliano Bertelli